Il luogo dove sorge l’eremo francescano di Santa Illuminata è un luogo di pace e silenzio e che porta davvero alla contemplazione e alla spiritualità. Circondato di grandi lecci e querce, i massi della grotta francescana sono di fronte al superbo panorama della valle del Tevere. Si trova tra Alviano e Guardea, alle pendici del Monte Civitelle, immerso in un bosco nelle vicinanze di una sorgente.
Testimonianze attribuiscono la fondazione a S. Romualdo nell’XI secolo che lo dedicò a Santa Illuminata sua concittadina.
Santa Illuminata era una giovane di Ravenna che convertita al cristianesimo si spostò in Umbria nella zona di Todi, in cui la giovane visse un’esperienza di eremitaggio. La santa morì in carcere insieme con i genitori il 29 novembre 303, ancora in questo giorno si celebra la sua festa liturgica.
Con la crisi degli ordini monastici, dopo 200 anni dalla sua fondazione, il monastero di Santa Illuminata fu ceduto al nascente ordine di San Francesco.
Qui soggiornò il santo varie volte, dormendo sopra un masso di travertino, che porta ancora un’iscrizione a testimonianza.
In questo eremo francescano vissero molti discepoli di San Francesco, come Fra Ginepro, Giovanni Tientalbene (della nobile famiglia degli Atti di Todi, originata dai Trinci di Foligno) morto nell’anno 1032, i Beati Giovanni di Alviano e Giovanni di Avellino e il Beato Pascuccio che vi morì il 12 gennaio 1485.
Il giovane Pascuccio della nobile famiglia degli Atti di Todi rinunciò agli agi e abbracciò la regola francescana pur restando frate laico, esercitò per anni il ministero di “frate cercatore” spostandosi a piedi o accettando passaggi su qualche carretto, attraverso i monti, sostando nei casolari isolati e fermandosi nelle famiglie, portando conforto ai sofferenti. Era un periodo di feroci lotte di potere fra le grandi famiglie come i Baschi, Chiaravalle, gli Atti e il beato cercava di mettere pace fra loro.

L’interno della grotta dove soggiornarono San Francesco e il Beato Pascuccio
Nell’Eremo francescano il Beato Pascuccio dimorò a lungo, trascorrendo le notti nella grotta accanto al convento, dormendo sopra un grande masso di travertino che con il tempo è divenuto liscio e levigato perché, in seguito, si distendevano tutti coloro che soffrivano di determinate malattie per ottenere la guarigione.
Il luogo fu oggetto di culto e devozione, molte famiglie benestanti lo scelsero come luogo di sepoltura, come la famiglia dei Liviani di Alviano che avevano una tomba fuori della chiesa. All’interno della chiesa si trovava una tomba di tale Pantasilea secondo testimonianze del Luzi (vedi bibliografia).
I francescani abbandonarono il convento dopo il 1635, anno in cui fu restaurato e affidato ai sacerdoti diocesani che amministravano i sacramenti e custodivano le spoglie dei beati.
Nel 1653 i beni di Santa Illuminata furono incorporati insieme alla parrocchia di Santa Maria dell’Olmo di Amelia e un eremita che viveva di elemosine si occupava del sito a lui affidato.
Fino all’inizio dell’800 durò questo stato, poi nel 1869 Santa Illuminata fu interdetta perchè pericolante in quanto non vi erano più state fatte manutenzioni di sorta. Infatti morto l’ultimo eremita i parroci della parrocchia dell’Olmo avevano affidate le chiavi ad altre persone e l’eremo francescano rimase disabitato. In questo periodo si verificarono intrusioni e atti vandalici, oltre al rapimento delle spoglie del Beato Pascuccio da parte degli abitanti di Acquasparta.
Era così iniziato un declino rovinoso poichè i parroci dell’Olmo che volevano disfarsi dell’incombenza della manutenzione ma volevano conservare le rendite che il luogo generava, avevano venduto alla famiglia Salusti di Guardea i terreni del convento con un fabbricato che fu adibito a molino per l’olio. Le rendite non furono mai impiegate per fare le manutenzioni alla struttura e presto il declino fu inevitabile.

L’attuale sito dell’eremo francescano con gli antichi resti e la nuova cappella
Le testimonianze di Don Luzi, che fu parroco dal 1873 al 1925 a Guardea, nel descrivere il sacro edificio ci parla di una chiesa di 12 m di lunghezza compreso il presbiterio, larga quasi 5 metri e con altezza di 10 metri.
Aveva soffitto a volta reale con 2 altari. Sopra l’altare maggiore c’era un quadro piuttosto malridotto raffigurante il Cristo crocifisso, con ai lati raffigurati due santi francescani non identificati, e dietro c’erano dipinti S. Andrea titolare un tempo della parrocchia del Castello del Marruto e Santa Illuminata. Intorno vi erano raffigurati i miracoli del Beato Pascuccio.
L’altro altare era ornato da un grande travertino e protetto da un’inferriata dove riposavano i corpi dei 4 beati. L’altare era decorato con l’annunciazione di Maria e vi erano anche le figure di Michele arcangelo e S. Apollonia.
Vi era anche una cappella murata dietro la tomba di Pantasilea che venne adibita a cucina per l’eremita custode. Al centro della chiesa, come usanza medievale c’era la meridiana di travertino. Le suppellettili già all’epoca di Don Luzi erano ridotte a pochissime cose e malandate. Il campanile era già in rovina e dopo una lunga trattativa coi parroci dell’Olmo riuscì a portare nella parrocchia di Guardea le campane per salvarle.
Per secoli questo luogo fu venerato e oggetto di pellegrinaggi da parte di fedeli provenienti sia dal circondario che da paesi lontani. Non solo il giaciglio dipietra fu oggetto di venerazione ma anche una sorgente che sgorgava accanto alla grotta la cui acqua, limpida e fresca, è citata in documenti antichi come miracolosa. Questa sorgente esiste ancora, nascosta nel folto della vegetazione.
Oggi dell’eremo francescano sono visibili solo dei resti nei pressi della grotta, assieme ad una cappella che è stata riedificata da pochi anni.
Riferimenti bibliografici:
Don Salvatore Luzi, parroco e umanista – Claudia Medori