A nord di Guardege, vi sono tracce di antichi monasteri sui Monti Amerini,
I monasteri erano 4: San Salvatore, San Benedetto, Santo Jaco (San Giacomo) e Monte Corvo.
Abbiamo tracciato un percorso che collega questi siti di interesse storico e archeologico per poter visitare tutti i resti in un solo itinerario ad anello.
Si segue un sentiero oggi poco frequentato ma un tempo utilizzato da pastori, carbonai e mercanti.
Ad oggi sono visibili solo pochi resti, tuttavia si trovano testimonianze scritte da Don Salvatore Luzi. Fu parroco di Guardea fino al 1925 e dall’inizio del suo mandato si occupò di riordinare l’archivio parrocchiale che portò alla pubblicazione de L’Inventario, un’opera unica nel suo genere. Infatti raccoglie notizie religiose, archeologiche e storiche sui beni delle chiese e dei monasteri (anche se diruti) di Guardea.

Resti del pozzo del monastero di Santo Jaco
Il primo monastero sul nostro percorso è quello dedicato a San Giacomo (Santo Jaco), si trova a lato nord di Cocciano alle falde del monte. Già all’epoca di Don Luzi si vedevano soltanto i resti, e come oggi il pozzo privo del bordo di protezione, è stato riempito con sassi. I resti ad ogni modo sono estesi e si comprende che potesse essere un eremitaggio.

Cisterna del Monastero di Monte Corvo
Il secondo dei 4 monasteri si trovava a Monte Corvo, era un monastero dedicato all’Annunciazione e si ritrova una lapide risalente al 1500 che testimonia il legame con la famiglia Liviani d’Alviano (fondatori del Castello). La lapide fu trovata a Cocciano in una mestaiola “in mezzo alle case degli Innocenzi”.

Reperti al monastero di Monte Corvo
Il monastero di Monte Corvo era stato fondato dai benedettini e in seguito fu ceduto ai francescani. Ad oggi si possono vedere i resti di muratura e la cisterna che ancora tiene acqua, inoltre nell’area ci sono sparsi molti resti di terracotta.

Monastero di San Salvatore (disegno di Renato Sciamannini) Tratto dal libro: “Don Salvatore Luzi, parroco e umanista” di Claudia Medori
Il terzo monastero era quello di San Salvatore alla quale è legata la storia dei domini collettivi di questa parte dei Monti Amerini. Si trova in un luogo fra le creste dei monti Corvo e San Benedetto e una parte pianeggiante che in antichità era coltivata. L’abbazia e la chiesa fondate dai benedettini era dedicata al Santissimo Salvatore, sembra che da esso dipendessero tutti gli altri monasteri e che riscuotesse particolare venerazione poichè era anche segnata come santuario. Questa abbazia aveva molti possedimenti che si estendevano fino al Tevere, ma dopo la visita del visitatore apostolico del 1574 fu decretato l’ordine di demolizione dell’eremo poichè pare che “vi si annidassero gente di malaffare”.

Reperti a San Salvatore
Nel 1664 l’abbazia non era ancora stata demolita del tutto e il vescovo ordinò che il quadro della chiesa raffiguante San Salvatore fosse dato alla parrocchia di Santa Restituta e dopo molte vicende i beni dell’abbazia vennero dati al Parroco del Poggio. Oggi restano visibili tratti di muro e diverse pietre angolari, oltre che molti resti di terrecotte da costruzione.

San benedetto, pozzo carsico
L’ultimo monastero del nostro itinerario è quello di San Benedetto posto su una altura in zona di transito, infatti in antichità vi si riscuotevano tasse di passaggio. Secondo Don Luzi, diversi monasteri (egli ipotizza anche questo di San Benedetto a Cocciano) dipendevano da San Valentino in Piano (situato fra Alviano e Attigliano) che fu una fiorente abbazia benedettina con possedimenti oltre il Tevere. Fu fondata dai monaci di Farfa nel IX secolo e dopo un periodo di splendore cadde in decadenza.
Ad oggi anche qui a San Benedetto vi sono resti di murature e pozzi, inoltre nella zona si trova una grotta spaccata che è stata censita da speleologi del CAI.

Libro dal quale abbiamo tratto le notizie, “Don Salvatore Luzi, parroco e umanista” di Claudia Medori