In Umbria ci sono dei piccoli gioielli nascosti che ricordano il passaggio del Santo di Assisi, sono piccoli eremi, conventi, grotte, luoghi in cui sono vive memorie e leggende sui miracoli compiuti.
Testimonianze del passaggio di Francesco che è avvenuto tra il 1212 e 1213, in luoghi poco conosciuti e pieni di fascino, lontani dalle grandi folle ma vicini alla natura, così tanto che ispirano un naturale raccoglimento.
Tutto questo è vero anche all’eremo di Santa Illuminata.
Il misterioso eremo francescano dove molti beati vissero e si dice che compirono miracoli: Beato Giovanni Tientalbene; Beato Pascuccio; Beato Giovanni D’Alviano.
Si può raggiungere anche a piedi con una breve escursione su antico sentiero di collegamento, che porta dal paese di Guardea fino all’eremo di Santa Illuminata e che poi conduce ad Alviano.
Un panoramico sentiero in campagna, che collega Alviano a Guardea, mappa del Parco Fluviale del Tevere e che coincide anche con Ippovia regionale.
Una devozione antica, eremitaggio di S. Francesco
Come testimoniato da tanti documenti è un luogo di antica e forte devozione condivisa fra la comunità di Guardea e Alviano.
Il luogo in passato è stato oggetto di campagne di ricognizione dal gruppo archeologico guardeese, inoltre è disponibile una ricca documentazione che corrisponde al libro pubblicato da Claudia Medori sulle ricerche effettuate da un parroco di Guardea, Don Salvatore Luzi a fine ‘800.
I restauri recenti
Santa Illuminata è un antico eremo risalente al XI secolo, che dopo molti lavori e una storia lunga e travagliata è ritornato all’antico splendore grazie a un restauro attento che ha ripristinato la struttura antica.
Grazie al Comune di Guardea la ricostruzione è stata curata dall’architetto Franco Della Rosa, (qui si può vedere l’evoluzione dei lavori), le maestranze locali per la ricostruzione: le porte e le finestre della Chiesa sono del falegname Alessandro Gubbioni di Avigliano Umbro, quelle dell’edificio di Flavio Tassini di Guardea. Il cavaliere (o veletta o cornàcchia o campanile a ventola) a due fornici, per la campana mezzana, luce cm. 47 e quella dei rinterzi, luce cm. 40, è stato costruito da Tiziano Anselmi, Giuliano Lagrimini, Enrico Innocenzi e Sergio Muzi.
La storia del posto, l’importante presenza benedettina e francescana
Testimonianze attribuiscono la fondazione a S. Romualdo nell’XI secolo che lo dedicò a Santa Illuminata sua concittadina.
Santa Illuminata era una giovane di Ravenna che convertita al cristianesimo si spostò in Umbria nella zona di Todi, in cui visse un’esperienza di eremitaggio. La santa morì in carcere insieme con i genitori il 29 novembre 303, ancora in questo giorno si celebra la sua festa liturgica.
Dopo 200 anni dalla sua fondazione, con la crisi degli ordini monastici, il monastero di Santa Illuminata fu ceduto al nascente ordine di San Francesco.
Qui soggiornò il santo varie volte, dormendo sopra un masso di travertino, che porta ancora un’iscrizione a testimonianza e che divenne luogo di pellegrinaggio, infatti al tatto è liscissimo: le persone malate si stendevano sul giaciglio di travertino per ottenere la grazia della guarigione. Qui vissero molti discepoli di San Francesco, fra questi il Beato Pascuccio che vi morì il 12 gennaio 1485.
Il Beato Pascuccio e l’eremo di Santa Illuminata
Pascuccio veniva dalla nobile famiglia degli Atti di Todi, rinunciò agli agi e abbracciò la regola francescana pur restando frate laico, esercitò per anni il ministero di “frate cercatore” spostandosi a piedi o accettando passaggi su qualche carretto, attraverso i monti, sostando nei casolari isolati e fermandosi nelle famiglie, portando conforto ai sofferenti.
Era questo un periodo di feroci lotte di potere fra le grandi famiglie come i Baschi, Chiaravalle, gli Atti e il beato cercava di mettere pace fra loro.
All’Eremo francescano il Beato Pascuccio soggiornò a lungo, trascorrendo le notti nella grotta accanto al convento, dormendo sopra un grande masso di travertino che con il tempo è diventato liscio e levigato perché, nei secoli si distendevano tutti coloro che soffrivano di determinate malattie per ottenere la guarigione.
Questo piccolo eremo con la grotta fu oggetto di culto e devozione, molte famiglie benestanti lo scelsero come luogo di sepoltura, così come la famiglia dei Liviani di Alviano che avevano una tomba fuori della chiesa, la tomba di Pantasilea seconda moglie di Bartolomeo.
I francescani abbandonarono il convento dopo il 1635, anno in cui fu restaurato e affidato ai sacerdoti diocesani che amministravano i sacramenti e custodivano le spoglie dei beati.
L’inizio del declino dell’eremo
Nel 1653 i beni di Santa Illuminata furono incorporati insieme alla parrocchia di Santa Maria dell’Olmo di Amelia e un eremita che viveva di elemosine si occupava dell’eremo.
Fino all’inizio dell’800 durò questo stato, poi nel 1869 Santa Illuminata fu interdetta perché pericolante in quanto non vi erano più state fatte nessun tipo di manutenzioni.
Morto l’ultimo eremita i parroci della parrocchia dell’Olmo avevano affidate le chiavi ad altre persone e l’eremo francescano rimase disabitato. In questo periodo si verificarono intrusioni e atti vandalici, oltre al rapimento delle spoglie del Beato Pascuccio da parte degli abitanti di Acquasparta.
Era così iniziato un declino rovinoso poiché i parroci dell’Olmo che volevano disfarsi dell’incombenza della manutenzione ma volevano conservare le rendite che il luogo generava, avevano venduto alla famiglia Salusti di Guardea i terreni del convento con un fabbricato che fu adibito a molino per l’olio. Le rendite non furono mai impiegate per fare le manutenzioni alla struttura e presto il declino fu inevitabile.
C’era una cappella murata dietro la tomba di Pantasilea che venne adibita a cucina per l’eremita custode. Al centro della chiesa, come usanza medievale c’era la meridiana di travertino.
Le suppellettili già all’epoca di Don Luzi erano ridotte a pochissime cose e malandate.
Il campanile era già in rovina e dopo una lunga trattativa coi parroci dell’Olmo riuscì a portare nella parrocchia di Guardea le campane per salvarle.
Gli Annali Camaldolesi e le notizie su Santa Illuminata
Recentemente negli Annali Camaldolesi sono state ritrovate notizie in cui è proprio nominato il sito di Santa Illuminata presso Guardea come dipendente da Camaldoli.
Gli Annali Camaldolesi in generale sono nove tomi in folio, editi a Venezia tra gli aa.1755 e 1773. Le notizie scorrono anno dopo anno, sì che nel riprendere il discorso magari dopo vario tempo gli autori sono costretti a ripetere alcune notizie. Ogni volume si divide in due parti: la prima parte storica registrata in pagine, la seconda parte documentaria, in appoggio alla prima, registrata in colonne. L’ultimo volume si intitola .
Il titolo dice il contenuto, si aggiungono cose sfuggite negli altri 8 tomi, oppure notizie del tutto nuove. É chiaro che prima dello stampato c’è il manoscritto, anch’esso conservato tra i codici di S. Michele di Murano, giunti a Camaldoli in tempi recenti.
L’origine camaldolese di Santa Illuminata
Uno studio fatto gentilmente in questa occasione da Padre Ugo Fossa, per lunghi anni Superiore e curatore della biblioteca dell’abbazia di Camaldoli, ha gettato nuova luce sulle attribuzioni cronologiche di S. Illuminata.
Di recente a seguito della richiesta di Paolo Boccalini, ha inviato il seguente scritto:
“la notizia relativa a S. Illuminata la si trova negli Annales Camaldulenses, tomo II, Venetiis 1756, p.59 ed il documento è tratta la notizia si trova nello stesso tomo, ma in Appendice col. 65: l’intero documento di Corrado II è edito in Appendice alle colonne 64 – 68.
Il Precetto (Praeceptum) di Corrado II risale al 1037 aprile 17.
Il Precetto è in favore del monastero di S. Apollinare in Classe (Ravenna), che considera S. Illuminata come monastero da esso dipendente.
Infatti l’abbazia ravennate è passata sotto la giurisdizione di Camaldoli più tardi.
Camaldoli, come congregazione ha inizio nel 1113: pertanto S. Illuminata, in questo periodo, non era camaldolese, ma benedettina di riforma cluniacense. Diventerà camaldolese nel 1138, quando il vescovo di Ravenna Gualtiero affida ai Camaldolesi la riforma del monastero (Ann. Cam., tomo III, Appendix, coll. 369 – 374).
In questo caso con il monastero principale giungevano a Camaldoli anche le sue dipendenze, come S. Illuminata con tutte le sue sostanze (ibidem col. 370).
BIBLIOGRAFIA
Articolo di Paolo Boccalini tratto da – Notiziario del Gruppo di Ricerca Fotografica – Franco della Rosa
ANNO VIII – N°15 CH-Cumün da Val Müstair – Grischun – dellarosa.f@gmail.com – II Sem. 2021
Don Salvatore Luzi, parroco e umanista – Claudia Medori