Percorrendo il sentiero 744 dei Sentieri Amerini, che collega Santa Restituta a Melezzole, si cammina immersi in un bosco di maestosi castagni, e si incontra una piccola chiesetta nel bosco, sull’antico sentiero che conduce a Piano Puosi.
Si attraversano boschi di castagni enormi su strade che un tempo erano percorse da viandanti, pastori transumanti e che hanno rappresentato una via di comunicazione strategica per il territorio: il sentiero 744 è infatti il sentiero che conduce a Puosi, lì incrocia il sentiero 746 (alta via dei monti amerini) e il 745 sentiero che collega Montecchio a Santa Restituta.

Il piccolo borgo di Melezzole
Entrando a Melezzole la prima cosa che ci compare di fronte è la Porta dell’aquila, l’aquila è il simbolo di Todi sotto al quale era Melezzole.
Melezzole è un borgo di origine medievale del 13 secolo, che da un censimento dei Todi del 1280 risultava avere 18 fuochi, circa 80 abitanti.
Ha una particolare forma a tre cerchi concentrici che si può ammirare durante la salita a Piano Puosi dall’alto. Il paese è caratterizzato da una doppia cerchia di case, separate da strette stradine medievali, dette “vicoli Baciafemmine”.
Nel periodo medioevale in seguito a un’espansione demografica si costruì una terza cerchia di mura, una linea periferica compatta di case, una addossata all’altra, con le pareti esterne senza aperture, fatta eccezione per le feritoie con l’aggiunta di torrioni e muraglie solo dove le abitazioni si interrompevano. Il paese è infatti imperniato su tre cerchi concentrici che partono dalla piazza centrale dove esisteva una torre oggi, purtroppo, scomparsa, che rappresentava il cassero, situato a pochi metri dall’antichissima chiesa di San Biagio.
Il territorio fu abitato per molto tempo dagli etruschi prima e poi dai romani, si parla infatti di una gens Meletia romana, e crebbe nel medioevo contemporaneamente all’abbandono di villa murellis.

Nel 1112 la chiesa di Melezzole faceva parte di un fitto reticolo di monasteri benedettini, saldamente consolidati nel territorio, come testimoniano vari resti archeologici nei nostri boschi.
Melezzole nel 13 secolo venne assimilata da Todi assieme a Santa Maria in Galazzano, antichissima pieve.
Nel 1282 vennero stabilite da Todi per gli abitanti di questo versante disposizioni per la regolamentazione delle tariffe in materia di calce, carbone, pascolo e frascatico, questo perché il bosco ha sempre rappresentato una grande risorsa economica per il territorio.
Per comprendere quanto Todi pretendesse dagli abitanti si consideri l’episodio del 1297, in cui gli uomini di Melezzole vennero chiamati a fornire pietre per la ricostruzione del castello di Montemarte, luogo di secolari contese con Orvieto, posto al di là del Tevere, nei pressi della gola del Forello, per chi la conosce è la Roccaccia di Titignano.
Per ordine di Todi nel 13337 gli abitanti di Melezzole, Toscolano e Santa Restituta e Vagli erano obbligati al controllo armato del passo montano di Monte Picasci (l’attuale monte Melezzole).
Questo poiché era un luogo strategico di passo e di valico che collegava infatti la valle del Tevere con i territori di Todi e Orvieto. Questa sorveglianza ininterrotta per tutto l’anno comportava un notevole sforzo economico. Infatti la postazione era sorvegliata da quattro uomini nelle ronde notturne e da due in quelle diurne; dovevano, inoltre, avere con sé viveri per almeno quindici giorni.
Il paese, insieme con Toscolano e Santa Restituta formava una “Castellania“, un potente sistema difensivo governata da un castellano.
A partire dal 1327 si susseguirono diverse occupazioni e incursioni di Melezzole a causa di Ludovico il Bavaro, poi nel 1494 Carlo VIII che si traducevano in pressione fiscale e sforzo economico per gli abitanti.

Poi nel 1530 Todi si sottomise alla Chiesa che aumentò il carico fiscale introducendo anche una nuova tassa di un ducato “per ciascun fuoco fumante” cioè per ogni famiglia. Così Melezzole fece ricorse dal governatore di Todi con un esposto-denuncia in cui venivano messe in evidenza le tremende condizioni di vita del castello, rese più dure ancora dall’esosità degli esattori comunali.
Però Melezzole se l’è sempre cavata grazie alle sue castagne e alle “melette” rosse che erano merce di scambio preziosa, infatti gli scambi con i paesi confinanti erano fra olio e frumento, e avvenivano grazie ai passi montani di collegamento al centro del quale si trova Melezzole.
Le castagne di Melezzole infatti hanno una tradizione antichissima e sebbene il terreno ricco di silicio sia per loro ottimo, e il versante favorevole, la presenza dei monaci benedettini che erano grandi innestatori e coltivatori di castagne contribuirono a questo.
In effetti l’economia della montagna era proprio segnata dal bosco: dal pascolo dei maiali alimentati con le castagne porcine (non innestate, selvatiche), alla cottura della calce, i carbonai con la cottura del carbone e ovvio la legna, in ultimo la caccia.

L’antica chiesina nel bosco
San Vitale de Murellis è una chiesa già censita nel 1290 ed elencata tra quelle sotto la pieve di Santa Maria in Gallazzano. Nel rilevamento di quell’anno la villa murelli era un piccolo insediamento con un hospitale a sostegno dei pellegrini era in realtà composta da 11 fuochi, cioè famiglie.
Del passato non resta traccia, agli inizi del 600 diceva che era caratterizzate da muretti o murelle per sedere da cui il nome del villaggio, che decadde contemporaneamente alla crescita di Melezzole e anche per la scelta di Todi che preferì concentrare la sua attenzione su Melezzole per offrire maggiore sicurezza lungo la strada che conduceva in Maremma per Viterbo di cui allo Statuto di Todi del 1337.
Da un documento di una visita pastorale del 1573 e successivamente del 1600 risulta semidistrutta è descritta da un visitatore proprio con il termine indecente. A seguito di queste condizioni il prelato riunite la popolazione concordò il restauro rinnovando la secolare usanza della processione di San Vitale a cura dei fedeli di Melezzole e Toscolano ancora oggi e non solo la domenica più vicina al 28 aprile giorno della festa del Santo. Oggi la chiesetta restaurata presenta sulla parete di destra 5 affreschi di scuola locale degli inizi del XVI secolo.

In cima al sentiero: la Posta del Prete, Puosi e la Femmina Morta
Il luogo rappresenta non solo il punto di incontro fra tre Comuni confinanti (Montecchio Guardea e Avigliano Umbro), ma è anche il luogo in cui si intrecciano antichi sentieri e la mestaiola di San Michele (oggi ridotta a un cumulo di sassi e cartucce) ne è una testimonianza.
Si poichè scendendo verso sud, dal passo della femmina morta si scende a Guardea e da lì si accedeva alla barca sul Tevere, dal Tegolaro verso ovest si arriva a Montecchio dalla parte opposta si va a Santa Restituta e infine a Macchie e Amelia, senza dover passare in cresta (Sentiero 746 Sentieri Amerini).
La vista da qui è davvero eccezionale: nel versante sud abbraccia tre regioni e verso nord spazia dai borghi sottostanti fino ai sibillini.