Attigliano è un piccolo castello, le sue mura un tempo erano a ridosso del Tevere che con una piena ha deviato il suo corso a diverse centinaia di metri. Infatti nell’XI secolo Attigliano era un luogo fortificato e il Tevere lambiva le mura del castello, l’entrata al borgo avveniva per mezzo di un ponte levatoio.
Il luogo dove sorge oggi Attigliano è stato abitato fin da epoca antica e crebbe e prosperò in età imperiale. La sua storia si interrompe a causa della malaria e di una crisi economica dovuta alle invasioni barbariche che ne determinano il declino.
Attigliano aveva un porticciolo fluviale in località chiamata “Porto Vecchio”, nelle vicinanze dell’attuale cimitero.
Nelle zone interne ci sono resti di alcune tombe scavate nel tufo e vasellame, le quali ci dimostrano la permanenza nel territorio di genti etrusche.
Altre importanti testimonianze si hanno anche della successiva epoca romana, come iscrizioni e monete di epoca augustea, resti di mura, ricollegabili al porto, e impianti idrici in piombo, di chiaro stampo romano.

Al centro della piazza principale vi è la Fontana dei delfini, modellata da Ramperti da Amelia nel 1885, con il duplice scopo di favorire l’approvvigionamento idrico della popolazione e di ornare lo spazio antistante. I materiali usati per questa opera provengono dalla vecchia cava di S. Eugenia.
Ed è proprio in questa zona, dove un tempo le donne andavano ad attingere acqua, lavare oppure abbeverare gli animali che resiste ancora una tradizione antica che deriva da riti pagani.
Nelle campagne il culto pagano non si è del tutto estinto infatti, nella memoria orale del posto esiste una storia legata a riti antichissimi, che avvenivano alla fontana di Sant’Eugenia, nelle campagne di Attigliano.

La fontana di Sant’Eugenia
La tradizione vuole che quest’acqua fosse miracolosa e che potesse far scendere il latte alle puerpere. Si dice che vicino alla fontana ci fosse una chiesetta diruta che nel 1800 un parroco avesse chiesto al vescovo autorizzazione a riedificarla ma il vescovo non volle accordare questa ricostruzione.
Questo perché il vescovo di molti anni prima era stato più volte informato durante le sue visite pastorali che esisteva una chiesetta campestre diroccata vicino alla sorgente di Santa Eugenia, dove molte persone si recavano a bere ritenendo l’acqua miracolosa.
Soprattutto si diceva che le donne che avevano partorito da poco, bevendo quell’acqua avessero avuto il beneficio del latte immediatamente dopo averla bevuta.
Ma a quanto pare questo miracolo avveniva insieme a un rito superstizioso e impregnato di pagano poiché gettavano prima nella fontana del pane, poi lo mangiavano e ponendosi in atto di bere l’acqua facevano scivolare delle fave secche lungo il petto facendole cadere in acqua, recitando delle formule
Si dice che mentre le fave secche si andavano ravvivando, le donne sentivano scendere e crescere il latte nelle mammelle.
Questi antichi riti antichi e con elementi di paganesimo suscitarono lo sdegno del Vescovo che pronunciò una scomunica nei confronti di chi li attuasse e così vennero censurati tali riti.
Tuttavia la popolazione continuò ad metterli in atto e ancora oggi le signore più anziane ricordano le proprietà taumaturgiche della Fonte di Sant’Eugenia.
Oggi resta la memoria di questo luogo e una bella fontana immersa nella verde campagna di Attigliano.