«Chi dice donna, dice danno / chi dice femmina, dice malanno / chi dice Olimpia Maidalchina, dice danno malanno e rovina»
Proprio questo si dice di Donna Olimpia Maidalchini, ricca, potente e avida che acquistò il Castello di Alviano nel 1654, versando all’asta ben 265.000 scudi, e a quanto pare per passare il tempo tra queste mura aveva inventato un giochetto piuttosto crudele.
Riguarda la tragica sorte di Tommaso di Gramiccia, detto “Ramicciaro”, che un pomeriggio tornava dalla villa, arrabbiato perché aveva sentito dire che la sua amata Luciola aveva dato troppe attenzioni ad un altro uomo, tale mastro Ridolfo. Decise così di omaggiare delle proprie attenzioni la sua Signora, e ne ebbe subito l’occasione quando, passando sotto al finestrone del castello, a Donna Olimpia cadde (o fece cadere?) il fazzoletto, e lui decise di riportarglielo.
Donna Olimpia ringraziò il giovane occupandosi di lui, facendolo riposare e rifocillare con un ricco pranzo, servito con tutti gli onori del caso, e pretendendo infine di soddisfare le proprie voglie a letto.
Dopo molto tempo, mentre Tommaso si stava rivestendo, Donna Olimpia lo accusò urlando di essersi abusivamente introdotto in casa sua, e lo fece prendere da due servi che lo gettarono nei trabocchetti dei sotterranei, dove mille coltelli lo trafissero.
Sembra che molti giovani, dopo di lui, siano scomparsi improvvisamente, perché caduti nella stessa trappola.
Olimpia Maidalchini, personaggio chiacchieratissimo della Roma papalina del Seicento nonché fidato braccio destro di Innocenzo X segnò un passaggio importante nella storia del pontificato e della famiglia Pamphili. Nata a Viterbo nel 1591, legò la sua vita al potente casato e alla figura di papa Innocenzo X che era suo cognato.
La storia di Olimpia Maidalchini Pamphili
È stata definita un’ autentica rockstar barocca: femminista ante litteram, intelligente, cinica, spregiudicata, ribelle e volitiva, protagonista nella Roma aristocratica e papalina del Seicento.
A sedici anni Olimpia sposa un anziano e ricco borghese, Paolo Nini, che presto muore. Non bella, ma seduttiva, ambiziosa e determinata come appare nell’opera di Velázquez, la «Pimpaccia di Piazza Navona» – così era ribattezzata – sposa poi in seconde nozze Pamphilio Pamphili, di antichissima nobiltà.
È il 1612: lei non ha ancora vent’anni. Si trasferisce a Roma, nel palazzo Pamphili (in piazza Navona), con il marito e con un cognato che ha abbracciato la carriera ecclesiastica: Giovan Battista Pamphili, il futuro papa Innocenzo X. E le cronache escludono che si sia trattato di un matrimonio d’amore. «Andava la giovane sposa più spesso in carrozza col cognato che col marito; si tratteneva molto più nello studiolo con quello che nel letto con questo».
Un’ambigua intesa umana, intellettuale, forse sentimentale lega Olimpia a Giovan Battista, che confessa: «Senza di te mi sento come una nave senza timone». Con lungimiranza, Olimpia sostiene, anche economicamente, la carriera ecclesiastica del cognato fino alla nomina a cardinale, e poi alla conquista del soglio di Pietro. Chiunque voglia avvicinare il cardinale per richieste, suppliche o favori deve preventivamente rivolgersi a Olimpia, il cui potere, quando il cognato è eletto Papa, diviene talmente grande che il popolo, con un misto di soggezione e di ironia, inizia a chiamarla «papessa». Soggiogato dalla sua influenza, il pontefice talvolta appare incapace di assumere decisioni di un qualche rilievo senza l’avallo di Olimpia. Che acquisisce un ruolo di assoluta preminenza nella corte vaticana.
Le maldicenze e i soprannomi
Proprio per il ruolo di potere che andò a ricoprire, divenne oggetto di sberleffo in numerose pasquinate dell’epoca. Le vennero anche attribuiti due soprannomi, quello di Papessa e quello di Pimpaccia, che tanto denotavano i rapporti non proprio idilliaci tra la nobile laziale ed il popolo romano.
Olimpia Maidalchini era, infatti, solita affiancare il pontefice nelle cerimonie ufficiali, come accadde durante la visita del Viceré di Napoli e l’apertura della Porta Santa durante il Giubileo del 1650.
Il soprannome di Papessa iniziò a diffondersi quando si cominciò a vociferare che era Olimpia a prendere tutte le decisioni che uscivano dai palazzi pontifici.
La nobildonna scontava il suo presenzialismo che le aveva fatto acquisire un’enorme notorietà e che l’aveva introdotta nella vita politica e religiosa della città.
Di storie sulla sua brama di potere e sulla sua avidità ne giravano già in abbondanza a Roma, qualcuno addirittura si era preso la briga di scrivere attacchi alla nobildonna sotto forma di pasquinate. E proprio da una di queste poesie popolari ebbe vita il secondo soprannome legato all’aristocratica, quello di Pimpaccia.
Quando morì il papa Innocenzo X, il neoeletto papa la mandò in esilio. Olimpia Maidalchini passò gli ultimi anni della sua vita tra Orvieto, Viterbo e San Martino al Cimino, dove morì di peste nel 1657.
Il ritratto di Velasquez, la storia del quadro
Camillo Massimo. Così si chiama un aristocratico molto in vista nella Roma del XVII secolo. È tra gli intellettuali più ascoltati dell’ Urbe. Nel 1670 viene nominato cardinale. Da quel momento si fa promotore di una politica culturale di rara lungimiranza e con intuito Massimo avvicina, tra gli altri, uno tra i più grandi pittori dell’epoca, Diego Velázquez. È il 1650. Camillo Massimo commissiona al pittore spagnolo due ritratti.
Uno è quello dello stesso Massimo; l’ altro è dedicato a Donna Olimpia Maidalchini Pamphili. Il primo è conservato a Wimborne, presso il Kingston Lacy Estate.
Dell’ altro, sin dalla metà del Settecento, si erano perse le tracce. Piste, indizi. Negli anni Ottanta, l’opera è stata ritrovata in Olanda, dove è stata battuta all’asta come dipinto di un anonimo autore di scuola olandese. In seguito, qualcuno ha detto che la Donna Olimpia era stata persa o addirittura distrutta.
Lo scorso anno la Donna Olimpia è stata portata nell’ ufficio di Sotheby’s ad Amsterdam. Ed è stata subito sottoposta a lunghe perizie, che ne hanno stabilito la paternità. Quel capolavoro dimenticato di Velázquez è stato battuto all’asta con una base di 2 milioni di sterline.
Donna Olimpia era una figura di potere che orientava scelte e progetti, generando invidie e maldicenze. Il ritratto di Donna Olimpia di Velázquez rimanda a queste storie torbide e romanzesche. Egli scolpisce con il pennello una figura femminile viva e, insieme, distante da noi, assoluta, colta in una sorta di abissale melanconia.