Amelia, è l’estate del 1963. Sarebbe potuto essere uno scavo edilizio come tanti altri, di certo nessuno si aspettava quello che poi sarebbe accaduto.
Oltre cinquant’anni fa venne fatta una delle scoperte archeologiche più importanti dell’Umbria.
Sotto i mezzi degli operai vennero alla luce, oltre che a tutta una serie di reperti archeologici, alcuni frammenti bronzei, parti separate tra loro ma destinate a comporre un unicum col ritrovamento di una testa di simile materiale bronzeo: si trattava di Giulio Cesare Germanico (al secolo Nerone Claudio Druso) nipote di Tiberio, destinato a sua volta al trono.
Pochi personaggi nella storia di Roma vennero così amati in vita come, terribilmente, rimpianti dopo la morte. Almeno per quanto concerne il racconto che ne fa Tacito negli Annali, l’Urbe fu terribilmente scossa quando giunse la notizia che il 10 ottobre del 19 d.C. era morto, a un passo dall’impero, Druso Claudio Nerone, meglio conosciuto come Gaio Germanico Cesare, scomparve al culmine della carriera politica e all’apice della popolarità. Per le sue capacità militari e diplomatiche fu una tra le più apprezzate figure della società romana dell’epoca.
Germanico era destinato a succedere al trono alla morte dello zio naturale e padre adottivo Tiberio e la sua morte prematura gettò l’Impero romano in un momento di profondo cordoglio e numerose statue vennero erette in suo onore.
Così la statua in bronzo ritrovata ad Amelia rappresenta una rara testimonianza dell’importanza di Germanico.

La statua di Germanico
La statua e il Museo Archeologico di Amelia
Lo splendido capolavoro del Germanico che si trova oggi al Museo Archeologico di Amelia è una statua realizzata attorno al I sec. d.C..
Eseguita con la tecnica “a cera persa” poggiava su una base di calcare esagonale, (alla quale era attaccato parte del piede destro) è stata smembrata e posta nei giardinetti fuori le mura.
Dalle attestazioni epigrafiche (si pensi alla Tabula Siarensis oggi al Museo di Siviglia, alla Tabula Hebana al Museo di Grosseto e alla Tabula Tifernas Tiberina oggi al Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria di Perugia – che narrano delle disposizioni del Senato a proposito degli onori funebri dedicati a Germanico) e dallo stesso Tacito (nel capitolo 83 del II libro degli Annales) si evince che – dopo morte del generale gli onori a lui dedicati furono enormi tra cui, in primis, tre archi: uno Roma nel Circo Flaminio, uno sul monte Amano in Siria, e uno sulla riva del Reno.
All’apice della popolarità era forse amato più del suo stesso padre Druso Maggiore e per questo divenne di fatto un serio pericolo per lo stesso Tiberio.
Con la morte dei re di Cappadocia, nel 18 d.C. nacque il pretesto di inviare Germanico in quei luoghi con al fianco Gneo Calpurnio Pisone, governatore della Provincia di Siria.
Pisone decise di non ratificare gli accordi raggiunti da Germanico, entrando così fortemente in conflitto con il giovane che si era nel frattempo spostato in Egitto con la famiglia violando le disposizioni dell’imperatore e cominciando ad avere gli stessi atteggiamenti che ebbe molto prima di lui Alessandro Magno.
Pisone tornò a Roma e, pochi giorni dopo della partenza, il principe si ammalò ad Antiochia.
A nulla valsero le cure dei medici e della moglie: dopo atroci sofferenze Germanico si spense il 10 ottobre del 19 d.C., confessando ad Agrippina il serpeggiante sospetto di essere stato avvelenato da Pisone.
Nessuno riuscì mai a dimostrare effettivamente l’avvelenamento di Germanico, ma al governatore di Siria vennero contestati tanti reati che decise infine di suicidarsi.
Ritrovamento della statua di Germanico ad Amelia
I frammenti numerosi della statua del Germanico, riemersi nel 1963 a seguito di lavori fuori la cinta muraria lungo la “Via Ortana”, sono stati ritrovati in una via che ricalca probabilmente l’antico tracciato della Via Amerina.
L’area pianeggiante è uno spazio che potrebbe essere identificato con l’antico campus, il luogo utilizzato per i ludi e le gare ginniche. Fu ritrovato infatti insieme alla statua un capitello decorato con trofei e navi, che probabilmente ricordava una vittoria navale d’Augusto e un’ara. Quindi i frammenti della statua sono stati ritrovati nella zona in cui anticamente si allenavano gli atleti.
Il restauro fu eseguito dalla Soprintendenza Archeologica per l’Umbria, e visto lo stato di conservazione dei frammenti è stata ricomposta la statua, adottando tecniche di ricostruzione originali.
Germanico è rappresentato come generale vittorioso, in veste trionfale.
Indossa una tunica leggera in lino che copre le gambe con morbide pieghe verticali; sopra questa, la figura indossa una lorica (corazza), secondo il modello utilizzato anche per Augusto nella statua da Prima Porta, rinvenuta nella villa che fu di Livia ad gallinas albas, presso Roma, e ora nei Musei Vaticani.
Particolarmente bella e interessante la decorazione della corazza che grazie alle sue raffigurazioni assume forte carattere simbolico, forse da mettere in relazione con la volontà di ricordare le operazioni militari di Germanico in Oriente.
La corazza era dotata di spallacci ed ornati di rilievi sia sul petto che sul dorso. Da questa scendono una doppia serie di pteryges decorate da teste di leone, satiri a rilievo e palmette. Sulla sinistra, una spada entro il fodero pende dal balteo.
La figura poggia il peso del corpo sulla gamba destra, mentre la sinistra è leggermente flessa al ginocchio. Ai piedi porta calzari di pelle, trattenuti da strisce avvolte intorno alla caviglia e fermate da un nodo dal quale scendono le estremità sul piede.
L’allestimento che è stato creato all’interno del Museo Archeologico di Amelia che ospita il nostro condottiero Germanico, unitamente all’installazione multimediale valorizza la storia e il personaggio attraverso una narrazione visiva che si sovrappone alla statua rendendo la storia suggestiva e coinvolgente.