Cambiamenti climatici o impronta umana?
“Non piove più come una volta!”
Fin da bambino ho sentito gli anziani ripetere questo ritornello. Ma perché, una volta quanto pioveva?
“I fossi di Cocciano correvano tutto l’inverno!”
A sentire gli esperti la quantità di pioggia che cade oggi non è molto diversa dal passato.
Quello che è cambiato è invece la modalità, oggi infatti si alternano le cosiddette BOMBE D’ACQUA (neologismo amato dai meteorologi sensazionalisti) a lunghi periodi siccitosi anche in pieno inverno. A mio parere ci sono diversi motivi che spiegano il perché i fossi di Cocciano, ai piedi dei Monti Amerini, non solo non corrano, ma neanche possano più definirsi tali.
Il primo motivo è di origine naturale, infatti guardando le foto aeree di soli sessanta anni fa ci accorgiamo che le zone prive di vegetazione sulla sommità dei Monti Amerini erano più ampie di oggi, era perciò minore la capacità degli alberi di trattenere la pioggia grazie alle fronde. Pertanto l’acqua era libera di scorrere più facilmente a valle, peraltro, e qui iniziamo con i fattori umani.
A quel tempo il bosco era costellato da centinaia di carbonaie per alimentare le quali si tagliava a tutto spiano riducendo oltremodo l’assorbimento da parte del terreno.
Altro aspetto che potrebbe avere condizionato la quantità di precipitazioni è da ricondursi alla realizzazione di ben due sbarramenti lungo il fiume Tevere che probabilmente hanno influito in maniera più o meno pesante sul microclima della zona. Basti pensare alla nebbia semisconosciuta prima delle opere o a come in alcuni periodi dell’anno piova in abbondanza nel ternano, orvietano e viterbese e da noi sui Monti Amerini arrivi solo qualche goccia.
I fossi e i mulini
I due principali fossi che attraversano la valle di Cocciano, ai piedi dei Monti Amerini, sono il fosso di San Salvatore e quello di Valle Croci.
Il fosso di San Salvatore nasce dall’omonimo pianoro situato alle spalle di Monte San Salvatore. Oggi rimane una piccola radura e una striminzita “troscia”, abbeveratoio che fino a pochi lustri or sono era fondamentale per il bestiame al pascolo.
Anni indietro qui si trovavano campi coltivati e la troscia era alimentata da solchi tracciati diagonalmente al fianco dei monti circostanti per intercettarne le acque piovane, va da se che quando tracimava finiva nel fosso ingrossandolo.
Abbandonato il bosco il fosso arrivava in località San Bastiano dove, secondo alcune fonti, veniva deviato ad anni alterni una volta in direzione ovest (Le Piane-Tenaglie) e l’altro verso est (Tavoletta-Campo lungo).
A Campo lungo si immetteva nel fosso di Valle Croci che attraversava una vasta area coltivata. I campi erano provvisti di “ioniche” ovvero sistemi di drenaggio realizzati in vari modi e che servivano a evitare che la pioggia stagnasse nel campo e di conseguenza aumentavano ulteriormente la portata dei fossi.
I mulini e poi il Tevere
I fossi così copiosi di preziosa acqua in passato alimentavano due mulini ubicati a valle di Sant’Angelo, località situata sotto l’abitato di Guardea.
A scanso di sorprese, erano provvisti di ampi bacini di accumulo per garantirsi l’autonomia per periodi prolungati; il primo si trovava in prossimità del “Ponte della stretta”. Ancora oggi se riusciamo a guardare oltre l’immondizia che alcuni beneamati compaesani hanno riversato nel greto, possiamo scorgerne alcune strutture. Un altro si trovava a monte del primo mulino poco prima della località “La Pieve”.
Il complesso era costituito da una sorta di pozzo sopratterra la cui funzione era probabilmente di aumentare la potenza dell’acqua indirizzata alla pala che si trovava in un locale seminterrato immediatamente a valle. Sopra era ubicato il mulino vero e proprio con la macina e le altre attrezzature.
Più a valle doveva trovarsi un secondo mulino la cui posizione non abbiamo ancora individuato.
Vegetazione permettendo, sarebbe interessante vedere cosa ne rimane. Un chilometro circa a valle dell’ultimo mulino si trovano invece strutture ben più imponenti.
Le mura poligonali dei “Fossi” strappate alla boscaglia oltre venticinque anni fa e poi nuovamente cadute nell’oblio. La loro funzione di opere idrauliche di regolamentazione delle acque sembra risalire al periodo tra il II° ed il III° secolo a.C. (Arch. Della Rosa).
La loro presenza comunque lascerebbe supporre o l’esistenza di un insediamento di una certa rilevanza o che le precipitazioni a quel tempo erano di dimensioni inimmaginabili persino per i nostri nonni.