Come in ogni angolo della penisola, anche sui Monti Amerini si tramandano leggende e storie legate al mondo contadino. Storie delle quali spesso non si riconoscono i protagonisti in parte perché ormai scomparso chi era in grado di identificarli o più spesso perché sono storie che in fondo hanno un risvolto “didattico” e non importa chi ne sia attore. Tra le più note possiamo ricordare la “Femmina Morta”, i briganti della “Grotta Porcina”, i soldati alleati del “Catonaccio” o la triste storia del povero Romeo sorpreso dalla tormenta. Delle tante, una risulta particolarmente interessante perché la ritroviamo con le opportune varianti in ogni regione italiana. Da noi il luogo del mistero si trova sullo spartiacque tra Piano Croci e il monte Castellare.
Stiamo parlando di quell’enorme cumulo di pietrame chiamato “Macea Caprina” sotto il quale, sostenevano i nostri vecchi, sarebbe nascosta una chioccia d’oro con dodici pulcini, o secondo altre fonti un capretto sempre d’oro che peraltro spiegherebbe anche il nome.
Come detto sono numerosi i luoghi ove si presume si trovino sepolti tesori di questo genere, ma a quanto risulta solo una è stata effettivamente rinvenuta. La cosidetta “Pitta di Teodolinda”.
La Chioccia con i pulcini è un’opera di oreficeria longobarda risalente al V o al VI secolo. È conservata nel Museo del tesoro del duomo di Monza.
L’opera, raffigurante una gallina e sette pulcini intenti a beccare, è in argento dorato, rubini e zaffiri. La chioccia, molto probabilmente più antica del resto della composizione, fu lavorata a sbalzo mentre i pulcini, più recenti, furono ottenuti per fusione. L’occhio sinistro della chioccia è costituito da una gemma romana del I secolo a.C. con la figura di un guerriero.
La tradizione vuole che questo lavoro di oreficeria appartenesse alla regina Teodolinda, che fosse stato rinvenuto nella sua primitiva sepoltura e che presso i Bavari, popolazione germanica dell’odierna Baviera da cui Teodolinda proveniva, questo soggetto fosse considerato il simbolo del rinascere della vita. Un’altra ipotesi riconduce il significato di questo oggetto alla Chiesa come madre protettrice dei fedeli, in questo senso richiamandosi anche a due passi evangelici (Fonte Wikipedia)

Chioccia e pulcini d’oro
Scendendo verso il centro troviamo la chioccia fatta costruire dal re Etrusco Porsenna:
Due storici romani, Plinio e Varrone, raccontano di un mastodontico mausoleo in cui era stato sepolto il condottiero etrusco, sotto il quale si snodava un labirinto talmente intricato da far impallidire quello del Minotauro di Creta. Il mausoleo era stato fatto costruire dal Re Porsenna per ospitare le sue spoglie, che ancora oggi riposerebbero al centro del labirinto, adagiate su un cocchio d’oro trainato da dodici cavalli e vegliato da una chioccia con cinquemila pulcini, anch’essi in oro. (https://www.lavaldichiana.it/porsenna-gallina-dai-pulcini-doro/)
Altre storie similari le troviamo sul Conero, in Puglia a Castel del Monte e a Manduria, fina ad Amendolara in Calabria per non parlare della Sicilia, le cosiddette “Trovature”.
Comun denominatore di tutti i luoghi, ad essere nascosti sono sempre animali, e non animali qualsiasi, ma animali da cortile i quali per i nostri nonni rappresentavano la sopravvivenza.
Queste leggende infatti rimandano al desiderio più o meno inconscio degli agricoltori/pastori di avere un appiglio per sognare un futuro di ricchezze in un presente ai limiti della sopravvivenza. Un “gratta e vinci” ante litteram per intenderci. In questo contesto, una gallina o una capra d’oro rappresentava la quotidianità elevata all’ennesima potenza.
Ma come se non bastasse la sfacchinata di rimuovere tonnellate di pietre o terra, per complicare le cose spesso, per avere la certezza del risultato, andavano soddisfatte delle condizioni quantomeno improbabili, forse proprio per non avere eccessivi rimpianti in caso di esito negativo.
Infatti, secondo una prima versione, il tesoro può essere rinvenuto sacrificando sul pozzo un bambino o una bambina di non più di cinque anni, secondo un’altra è necessario che una donna gravida resti vicina al fonte, tenendo sul grembo nudo una serpe.
(http://www.manduriaoggi.it/notizia.asp?idnews=29795)
Anche in Sicilia si pretendono sacrifici umani per giunta in determinati giorni dell’anno.
Da noi si va per le spicce, si scava e via, deve saperne qualcosa colui che in chissà quale epoca ha iniziato il lavoro sul fianco della Macea, ma o l’ululato dei lupi che reclamano l’inviolabilità del luogo (succede in Friuli) o più probabilmente le fitte alla schiena, devono averlo persuaso che è più romantica un’improbabile leggenda che una amara verità.