L’insediamento di Guardea Vecchia fu fondato da Duchi Longobardi nell’880, come da studi approfonditi di Marino Fioroni. Todi si assicurò il possesso del castello di Guardea e di Alviano insieme con quello di Attigliano quando il 26 marzo 1232 l’allora conte del feudo, Rainaldo di Uffreduccio di Bonconte di Alviano, fece atto di sottomissione, presumibilmente forzosa, nelle mani del vicario del podestà di Todi, cedendo tutti i propri beni e territori, salvo poche riserve feudali.
Il Castello fu sotto dominio di Alviano per molto tempo e in generale tutta la zona era teatro di contese fra le famiglie potenti dei Baschi, gli Alviano e anche i Todi.
Fu abbandonato ufficialmente nel 1690 quando fu trasferita la parrocchia e il palazzo baronale dei Conti di Marsciano, giù nella zona pianeggiante detta Piano Antico, un insediamento che poi si è esteso anche alle zone più antiche del Marruto e Scoppeti. In quel periodo è iniziata la vera distruzione del castello di Guardea Vecchia, poiché le pietre che costituivano gran parte delle abitazioni e delle mura vennero asportate per essere reimpiegate nella costruzione delle abitazioni giù all’attuale paese. Attualmente è di proprietà privata ma è possibile accedervi.
Caterina Monaldeschi della Cervara e la storia di Guardea Vecchia
Il 9 settembre 1553 Giulio III incamerò i beni che i Farnese possedevano nello Stato della Chiesa e tra questi fu espressamente nominato il castello di Guardea, mandandovi come commissario proprio Paolo Pietro Monaldeschi della Cervara.
Infatti, approfittando del momento di disgrazia dei Farnese, gli eredi degli Alviano, in veste di rappresentanti pontifici, avevano cominciato ad avanzare diritti di proprietà sui loro antichi feudi.
Il 12 marzo 1567 il castello di Guardea passò a Luca della Cervara, nipote di Paolo Pietro, il quale però, per avere commesso alcune malefatte, fu condannato dal Fisco ed il feudo di Guardea con altri beni gli furono requisiti dal commissario apostolico Pietro di Sorbolongo.
Nel 1571 Caterina Cervara, figlia di Porzia d’ Alviano e di Paolo Pietro Monaldeschi della Cervara, nipote diretta di Bartolomeo, era “curatrice ac legittima administratrice” dei castelli di Guardea e del Poggio.
Rimasta vedova di Monaldo Clementini da cui aveva avuto, tra gli altri, la figlia Sulpizia, si unì in matrimonio con Ludovico dei conti di Marsciano al quale, vedovo a sua volta, era nato dal precedente matrimonio Orazio che sposerà Sulpizia.
Caterina portò in dote duemila scudi e il feudo di Guardea. Poiché la quinta parte di esso era però posseduta dalla nipote Pantasilea degli Atti, il 25 gennaio 1603 tra zia e nipote si giunse ad un accordo e Pantasilea cedette a Caterina la sua quota-parte per 9500 scudi.
Dopo la morte di Caterina Monaldeschi della Cervara, il castello di Guardea con tutte le terre ad esso pertinenti passò per sua volontà al figlio Alessandro ed al nipote Ludovico dei conti di Marsciano.
L’abbandono del Castello di Guardea
Mentre si succedevano queste vicende, accadeva che la popolazione, già nei primi anni del 1600, cominciasse ad abbandonare le proprie case situate all’interno delle mura castellane per trasferirsi a valle.
Questa scelta fu dettata da diversi fattori: i motivi di difesa dalle invasioni dei barbari e dalle incursioni di nemici e banditi erano venuti meno, i campi da coltivare si trovavano in pianura, per cui era molto scomodo scendere in basso al mattino e tornare di sera sul colle, soprattutto quando si dovevano condurre al pascolo le mandrie di pecore e buoi. Questo trasferimento a valle avvenne non solo per volontà popolare, ma anche perché i conti di Marsciano, con atto pubblico del 4 maggio 1684, diedero il consenso alla costruzione di nuove abitazioni all’esterno delle mura del castello.
Molti nuovi edifici erano sparsi per la campagna, mentre il nucleo più consistente delle case si trovava raggruppato nei rioni denominati Marruto e Scoppeti. Tra essi, al centro di un terreno detto Piano Antico di proprietà della parrocchia, fu eretta la nuova chiesa parrocchiale intitolata ai Ss. Pietro e Cesareo.
I resti del castello e la discesa a valle
L’abbandono definitivo del castello avvenne nel 1707 quando il parroco, d. Giuseppe Lorenzo Canale, nel giorno del Corpus Domini, trasportò processionalmente il Santissimo dalla vecchia chiesa in quella rurale di S. Egidio situata a valle, in attesa che fosse terminata la nuova chiesa dove, il 9 novembre 1732, fu celebrata la prima messa. La vera distruzione del castello di Guardea Vecchia avvenne durante l’edificazione del nuovo centro abitato.
Le pietre che costituivano gran parte delle abitazioni e delle mura vennero asportate per essere reimpiegate nella costruzione delle abitazioni giù all’attuale paese. Ancora visibili sono la torre principale ormai consolidata (grazie ad Alessandro Ranucci), alcuni tratti di mura esterne, alcune parti delle torri esterne, la parte interna alle mura dove c’era la chiesa, traccia della torre verso nord, le prigioni, le mura delle abitazioni, le cisterne e poco altro. Nel bosco verso nord vi sono le fornaci di calce che, si dice, servirono per edificare il castello stesso.
I discendenti di Ludovico dei conti di Marsciano tennero il Castello di Guardea Vecchia fino ai primi anni del ‘900, quando il Comune, avvalendosi di una legge promulgata dal Parlamento italiano il 24 giugno 1888, dopo anni di lotte legali con i Marsciano, riuscì ad affrancare tutte le terre per un canone annuo di £. 2728,55. Questo canone di lì a breve fu estinto mediante il versamento della somma di £ 54.571.
I sindaci artefici della liberazione delle terre dalle antiche servitù feudali furono: prima Gioacchino Salusti, che diede il via all’affrancazione, poi Alfonso Canali che la portò a termine.
Oggi queste terre ricche di boschi e di pascoli costituiscono il Dominio Collettivo di Guardea che, fondato il 14 maggio 1889, soltanto il 1 ottobre 1905 riuscì ad entrare in possesso dei beni affrancati dal Comune.
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